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Italia, Fmi: il Pil aumenta più del previsto (+1,3% nel 2017, +1,0% nel 2018), ma tornerà ai livelli pre-crisi solo nel prossimo decennio

25 Luglio 2017

Confermata la ripresa economia mondiale, ma permangono rischi al ribasso

Gli effetti della crisi sul nostro Paese sono stati più persistenti che altrove

 

Il Fondo Monetario Internazionale rivede al rialzo le stime di crescita per l’Italia. Il pil italiano crescerà quest’anno dell’1,3%, ovvero 0,5 punti percentuali in più rispetto alle previsioni di aprile. Nel 2018 l’economia crescerà  dell’1,0%, ovvero +0,2 punti percentuali rispetto alle stime precedenti. ”Le stime di crescita per il 2017 sono state riviste al rialzo per diversi paesi dell’area euro, incluse Francia, Germania, Italia e Spagna, per le quali la crescita nel primo trimestre 2017 è stata sopra le attese”. La ripresa dell’economia mondiale “resta sulla buona strada” e “non c’e’ alcun dubbio che stia guadagnando slancio” ma permangono rischi al ribasso nel medio
termine.

Il dato emerge dall’aggiornamento del World Economic Outlook, confermando le stime di aprile sull’aumento del Pil globale al 3,5% quest’anno e al 3,6% il prossimo. Ma la composizione della crescita è cambiata rispetto alle proiezioni di aprile. Il “downgrade” più importante riguarda gli Stati Uniti, con un taglio delle stime sul tasso di sviluppo dello 0,2% per il 2017 e dello 0,4% per il 2018. Perché nel breve termine le politiche del presidente Donald Trump “saranno meno espansive del previsto”, spiega il capo economista del Fondo, Maurice Obstfeld. La crescita è stata rivista in rialzo in Giappone e soprattutto nella zona euro, “dove le positive sorprese nell’attività tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 indicano una solida spinta”, pure in Italia.

Anche le stime sul Pil della Cina sono state migliorate: dello 0,1% quest’anno (al 6,7%) e dello 0,2% sul 2018 (al 6,4%). L’Fmi segnala inoltre “notevoli  progressi nell’Europa emergente, in via di sviluppo e in Messico“. Peggiorano le attese sulla performance del Regno Unito quest’anno mentre “l’impatto finale della Brexit resta non chiaro”.

Gli indicatori del secondo trimestre evidenziano “un persistente rafforzamento dell’attività economica globale”. In particolare,  “la crescita del commercio mondiale e la produzione industriale rimangono ben al di sopra dei tassi 2015-2016 sebbene in frenata rispetto al forte ritmo registrato alla fine del 2016 e all’inizio del 2017”. Tuttavia i tassi di crescita globali per il 2017-2018, sebbene più alti del 3,2%  stimato nel 2016, “sono sotto la media pre-crisi, specialmente per la maggior parte delle economie avanzate  e per i Paesi esportatori di commodity, sia emergenti e sia in via di sviluppo”. Gli economisti di Washington segnalando rischi “ancorati al ribasso” per l’economia mondiale nel medio periodo, sebbene le prospettive di crescita “appaiano ampiamente bilanciate nel breve termine”.

Nonostante le previsioni positive, il Pil italiano tornerà ai livelli pre-crisi alla metà degli anni 2020. Secondo il Fmi gli effetti della crisi sull’Italia sono stati più persistenti che in paesi quali la Germania, dove il Pil è già ben al di sopra dei livelli pre-crisi.

”La crescita dell’area euro continuerà nel breve termine. La Germania e la Spagna resteranno i motori di crescita, mentre l’Italia e la Francia beneficeranno della ripresa” mette in evidenza il Fmi. “In Italia – aggiunge – i progressi per la riduzione dei crediti deteriorati sono stati troppo lenti, con un calo di solo il 5% rispetto al picco del 2015.  La flessibilità prevista dal Patto di Stabilità può e dovrebbe essere usata per incentivare credibili riforme strutturali. L’Italia si è avvalsa di questa flessibilità nel 2016. In tutti i casi la credibilità è centrale. Tutti i paesi euro dovrebbero procedere verso un riequilibrio di bilancio che favorisca la crescita. L’Italia per esempio potrebbe razionalizzare le spese fiscali, ampliare la base imponibile e attuare una tassa moderna su proprietà immobiliari per ridurre il cuneo fiscale”.

Il Fondo monetario internazionale ha, inoltre, sottolineato come: “la ripresa economica dell’area euro si stia rafforzando ed ampliando. Tuttavia le prospettive di medio e lungo termine restanno soggette a significativi rischi al ribasso. Tra questi il fatto che i Paesi ad elevato debito potrebbero risentire di aumenti dei costi di rifinanziamento.Inoltre le debolezze strutturali nel sistema bancario europeo, in termini di basa redditività e elevate sacche di crediti deteriorati potrebbero innescare dissesti finanziari. Infine il sostegno politico verso l’integrazione europea appare eroso dai persistenti squilibri tra Paesi e dalla mancanza di convergenza”.