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Istat: reddito delle famiglie +2,6% ma potere acquisto solo +0,3% nel primo trimestre 2022. Confesercenti: “La corsa senza freni dei prezzi indebolisce il potere acquisto e spinge la pressione fiscale”

05 Luglio 2022

Con un’inflazione senza freni, il potere d’acquisto delle famiglie italiane è cresciuto nel primo trimestre solo dello 0,3%, a fronte di un aumento del deflatore implicito dei consumi finali del 2,2%. E’ quanto rende noto l’Istat nei conti trimestrali del primo trimestre 2022. In particolare, nei primi tre mesi il reddito lordo disponibile delle famiglie è aumentato del 2,6% rispetto al trimestre precedente.

Nello stesso trimestre, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari al 12,6% (+1,1 punti percentuali rispetto al quarto trimestre 2021), a fronte di una crescita della spesa per consumi finali più debole rispetto a quella del reddito disponibile (+1,4% e +2,6% rispettivamente).

L’Istat certifica, inoltre, che il tasso di investimento delle famiglie consumatrici è stato pari al 7,2%, in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, a fronte di una aumento degli investimenti fissi lordi dell’8,1% e dell’aumento del reddito lordo disponibile del 2,6%.

Nel primo trimestre dell’anno, infine, la pressione fiscale si attesta al 38,4% del Pil, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre del 2021, conclude Istat.

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La corsa senza freni dei prezzi sta indebolendo, in modo preoccupante, la capacità di spesa delle famiglie e spinge la pressione fiscale. A fronte di un reddito disponibile delle famiglie consumatrici aumentato del 2,6% nel primo trimestre 2022 rispetto al precedente il potere d’acquisto, per effetto dell’aumento dell’inflazione, è cresciuto soltanto del + 0,3% sull’ultimo trimestre del 2021, mentre la pressione fiscale sale dello 0,5%, trainata dall’incremento dell’imposte indirette, a partire dall’IVA. Così Confesercenti in una nota.

Si tratta di segnali allarmanti che si stanno diffondendo, negli ultimi mesi, con rapida velocità e che inciderebbero, pesantemente, sulla crescita dell’economia in autunno, con riduzioni generalizzate di spesa che comporterebbero un crollo della domanda interna. Per questo il Governo deve agire con fermezza e tempestività, soprattutto a livello europeo, per frenare l’impennata delle tariffe energetiche, l’inflazione record e lo spettro di una pericolosa recessione per il continente ed il nostro Paese, insostenibile dopo oltre due anni di pandemia.